Lettera a chi non ci conosce

Ecco la lettera di un docente che lavora in un centro provinciale per l’istruzione degli adulti.

Siamo insegnanti.

Siamo una scuola che fa capo, a tutti gli effetti di legge, al Ministero della Pubblica Istruzione.

Siamo insegnanti, ma non di serie A. Spesso ci classificano come insegnanti di serie B. Ci occupiamo di ragazzi allo sbando, di detenuti, di extracomunitari o di chi semplicemente vuole rientrare in formazione per acquisire un titolo di scuola media.

Nelle scuole ci sentiamo spesso ospiti, anche quando ci sono state regolarmente assegnate delle classi. Ci capita di essere additati come quelli che fanno poco o niente, quando invece lottiamo per fare tutto. Un posto a sedere, o un bugigattolo che chiamiamo sala professori, ce lo conquistiamo con le proteste e le telefonate a chi di dovere dei nostri presidi, che hanno a che fare non con uno o due plessi, ma con dieci, quindici punti di erogazioni ( le nostre sedi si chiamano così) dislocati nelle singole province.

Insegniamo ai nostri corsisti l’ABC della nostra bellissima lingua, ci sediamo con loro a parlare quando hanno un problema, ascoltiamo i loro racconti, li abbracciamo, quando è necessario, per contenere le loro lacrime. Ridiamo e ci commuoviamo insieme. Siamo un po’ assistenti sociali, un po’ psicologi, un po’ genitori e un po’ fratelli. Svolgiamo un lavoro nobile, di cui si sa poco o nulla. Ma siamo fieri di quello che facciamo. E non protestiamo.

Molto spesso i nostri corsisti ci lasciano, se ne vanno, tornano a emigrare, partono con la speranza nel cuore e gli occhi vuoti di incertezza. Ma ci abbracciano sempre.

Facciamo il lavoro sporco.

Siamo i pionieri delle strade secondarie, delle periferie, delle celle penitenziarie. Accogliamo chiunque, dai disadattati agli scampati dei barconi.

E siamo presieduti da persone che si rimboccano le maniche per tenere la baracca in piedi; che si stancano e si avviliscono, ma che non demordono mai.

Ci crediamo.

Crediamo nel potere della parola che integra e unisce.

Siamo quelli che camminano a fianco di chi è escluso; di chi fatica a essere accolto in società; di chi spesso non ha nessuno se non quel gruppetto di insegnanti di serie B.

Non lo siamo.

Lavoriamo con e per l’arte.

Per l’arte di vivere e di gioire.

Per l’arte di fare scuola coi sogni e con gli ideali, senza mezzi ma con coraggio.